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DESparole, il gioco delle parole DES...


DESparole, il gioco delle parole DES... da un'idea di Cristina Negro

DESparole nasce dal desiderio di giocare a scrivere testi che abbiano come protagonista la danza. I testi possono essere brevi, brevissimi o lunghi, possono essere citazioni, possono raccontare fatti realmente accaduti o sogni, desideri, progetti, visioni, possono avere carattere storico, politico, sociale o essere anche semplici pensieri. Vogliamo aprire questo Blog con un gioco. Abbiamo scelto alcune parole che iniziano con DES: DESerto, DEScrivere, DESiderio, DESistere, DESpota, DEStabilizzare, DEStare, DEStinatari, DEStino, DEStra, DEStrezza, DES... Per giocare a questo gioco, l'unica regola è di iniziare a scrivere a partire da una di queste parole o da una qualsiasi parola che inizi con DES. Come Direttivo ci siamo impegnati a inserire sul Blog i nostri primi testi come augurio per il nuovo anno 2016. Altri nostri testi seguiranno, ma il gioco è aperto a tutti i soci che desiderano cimentarsi con la scrittura, che amano leggere e farsi leggere. Il Blog potrebbe diventare in questo modo uno strumento “attivo” e “curioso”, frequentato dai soci e aperto anche agli interessati alla DES e soprattutto alla Danza.

Per partecipare al gioco basta compilare il form con i propri dati e il testo.

Ecco intanto qui sotto le prime DESparole. Buon divertimento!

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DEStabilizzare

(Cristina Negro)

Una mattina di sole d'inverno, in una scuola fredda e inospitale, una classe di bambini di 7 anni mi aspetta per una lezione di danza.

Appena entrata mi ferisce la luce al neon del soffitto e della lavagna. I bambini stanno finendo la merenda seduti disordinatamente nei banchi. La maestra corregge qualche compito e ogni tanto urla con qualcuno.

Non ho voglia di portarli nell’aula di motoria dove lavoriamo solitamente. Voglio provare a fare un esperimento nella loro classe, proprio li’ dove consumano ogni giorno otto ore.

Chiamo una bambina alla lavagna e le faccio scrivere queste parole Monastero Zen. Annuncio alla classe e alla maestra che oggi iniziamo con una “prova” molto difficile, trasformeremo la classe in un Monastero Zen. Che cosa è? cosa vuol dire? Mi chiedono in coro, curiosi e un po’ stupiti,

Nel giro di quindici minuti spostiamo i banchi, spegniamo i neon, lasciamo entrare i raggi di sole dalle finestre, mettiamo le calze antiscivolo e ci sediamo per terra a gambe incrociate, le mani appoggiate come due foglie sulle ginocchia, la schiena lunga come un albero che cerca il sole, gli occhi chiusi.

Ascoltiamo il nostro respiro e, per un lunghissimo minuto, restiamo in silenzio, dentro e fuori.

Ecco destabilizzata una classe. Ho fatto “luce” o “disordine”?

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DESerto

(Cristina Negro)

Esiste un deserto in Cina, il Taklamakan, uno dei deserti più grande del mondo, l'unico dove nascono, dal nulla, nel nulla, bassi arbusti dalle strane forme. Se ne stanno nascosti tra la sabbia e l'arsura, fortissimi, sopravvivono al clima torrido, alla mancanza d’acqua, sopravvivono al silenzio, alle notti stellate, all’aria tersa e al feroce vento che li piega. Questi arbusti sono simili a chi semina l’amore per la danza nei corpi di adulti e bambini, ovunque nel mondo, in qualsiasi luogo, in qualsiasi tempo, in qualsiasi occasione. Sono simili a chi non si piega e non si arrende alle difficoltà, a chi dal nulla e nel nulla riesce a far nascere un piccologrande arbusto danzante.

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DEStra

(Elena Viti)

La DEStra, se ne sta lì dalla sua parte accessibile e disponibile, pronta per essere usata, simmetrica alla sinistra. E il Destro? sveglio capace attivo abile in che rapporti è con il mio lato sinistro?

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DEStare

(Elena Viti)

Danzare

Esistere

Sognare

Trovare

Andare

Ridere

Esprimere

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DEStato

(Franca Zagatti)

Arrivano titubanti, curiosi, rumorosi. Da soli, a coppie, a gruppi. Ci sono bambini, adulti, persone anziane e sono venuti per partecipare a un incontro di danza di comunità.

Inizio a farli muovere e i loro corpi raccontano di abitudini e pratiche corporee caliginose. Una varia mescolanza fatta di atteggiamenti ginnici, ritmiche aggraziate da balli di coppia, impacci, sedentarietà, emozioni trattenute, intoppi armonici, contratture muscolari, dolori articolari, voglia di muoversi. Si guardano, mi guardano, ci provano, si affidano, sorridono, e questo mi basta.

Io sono fiduciosa e aspetto che arrivi quel momento. Forse non succederà la prima volta, o la seconda, o la terza, ma prima o poi quel momento arriverà.

C’è sempre una pausa prima che succeda... una persona si ferma, rallenta, il suo movimento s’impasta, si addensa, riprova, ritorna in quei gesti che hanno spezzato le sue abitudini. La testa si dimentica di controllare, giudicare, confrontare, il corpo ha preso il comando, si ascolta, ricerca, si meraviglia, gioca, si inventa.

È successo, il corpo si è destato.

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DESco

(Eugenia Casini Ropa)

Certo tutti sappiamo come la danza sia sempre stata legata alla festa, e nei momenti festivi il cibo, il banchetto, il DESco abbondantemente fornito e apparato sia sempre uno dei momenti culminanti. Banchetto e danza, dunque, prima l'uno e poi l'altra o viceversa, soprattutto - è la storia che ce lo ricorda - ai tempi delle corti, medioevali e rinascimentali, quando le feste erano il modo di riconoscersi e di autocelebrarsi, esaltando intanto la propria cultura, i propri miti, la propria arte.

È stato proprio nelle corti rinascimentali che il ballo si è organizzato e ha assunto le prime forme coreografiche e musicali di quel che poi diventerà il balletto... E proprio nell'ambito di quelle feste fantasmagoriche, strepitosamente ricche di fantasia, apparati e spettacoli mirabolanti e banchetti raffinati e pantagruelici, che erano il vanto di ogni principe più o meno illustre.

Bene. A partire dagli ultimi decenni del Settecento (quando cioè si cominciò a scrivere anche la storia della danza) fino alla fine del Novecento (quando la storia della danza diventò davvero cosa seria) i testi riportano una precisa notizia sulla presunta nascita, o almeno sul primo concepimento, del balletto di corte, antenato del balletto tout court.

Potete ancora leggere infatti, in tutti i testi non recentissimi, che la prima idea di balletto, il prototipo fondante, si ebbe a Tortona, nel febbraio del 1489, nella casa di Bergonzio Botta, durante uno splendido banchetto figurato che quel nobile offrì a Isabella D'Aragona e Gian Galeazzo Visconti, che stavano per convolare a nozze.

Il primo "storico" a raccontarlo con dovizia di particolari ai suoi contemporanei settecenteschi fu Stefano Arteaga, musicista gesuita che pubblicò a Bologna nel 1785 La rivoluzione del teatro musicale italiano, dove ricostruiva a suo modo le origini del melodramma. Arteaga descrive la presentazione spettacolarizzata delle varie, stupende vivande del banchetto con particolareggiate indicazioni sulla musica, il canto, la disposizione spaziale, i testi... e le danze.

A cominciare dalla preparazione del DESco con suppellettili dorate e poi per ogni opulenta portata della cena (vitello, cervo, volatili, cinghiale, pesci, legumi, vino e bevande, frutti, dolci, ecc.), ogni entrata era accompagnata da personificazioni di dei e ninfe che presentavano i cibi con versi, musica, canto e, ci assicura Arteaga, danze diverse. Dice anche, questo mirabile narratore, di aver preso le notizie dalla descrizione del banchetto che all'epoca aveva redatto in latino Tristanus Calchus, cortigiano addetto al diario degli avvenimenti di corte.

In effetti, è questa la sola e unica descrizione del fatto; tutte le ricerche compiute negli archivi per trovare altri documenti sono risultate a tutt'oggi inutili.

Ecco un piccolo esempio del bel racconto di Arteaga:

Tosto che il Duca e la Duchessa comparvero, incominciò la festa aprendo Giasone la scena con gli Argonauti, i quali s'avanzarono in aria minacciosa al suono d'una sinfonia guerresca portando seco il famoso vello d'oro, il quale lasciarono in dono sulla tavola dopo aver eseguito un ballo figurato, che rappresentava l'ammirazione loro alla vista d'una principessa cotanto gentile, e d'un principe così degno di possederla.

Che bello! Una danza guerresca! Ma che dice al proposito il Calchus?

Jason ex Colcho aureum vellum tulit.

Ossia, letteralmente: "Giasone portò dalla Colchide il vello d'oro". Punto e basta. Poi cambia discorso.

Oppure in seguito:

Questa cantilena fu all'improvviso interrotta da suoni rumorosi. Atalanta e Teseo comparvero in scena scortati da varie truppe di cacciatori, che con danze vive, e brillanti rappresentarono una caccia di gran fracasso...

Ma Calchus:

Atalanta caput apri Calidonii per tot saecula asservatum huic coenae exhibuit...

Ossia: "Atalanta offrì per quella cena la testa del cinghiale Caledonio conservata per tanti secoli..."

E così via di seguito allo stesso modo.

Dunque, il fantasioso Arteaga, volendo fare di questo banchetto e del suo DESco teatralizzato l'antesignano del melodramma, aveva aggiunto ciò che nella fonte non c'era ma che al melodramma non poteva mancare, ossia la danza. E in effetti Calchus, elencando i partecipanti allo spettacolo, parla di attori, mimi e cantori (histrio, mimus et cantor) e non cita affatto i danzatori (saltator).

E poiché, in realtà, la storia della danza è stata per più di due secoli poco più che un hobby per appassionati, tutti hanno ripreso la bella storia di questo volonteroso gesuita, senza porsi alcuna domanda e senza la minima curiosità di consultare le fonti.

Così il famoso banchetto di Bergonzio Botta (nobile di serie B, che per imbandire quel DESco favoloso - e davvero un'ingegnosa rappresentazione per l'epoca - andò quasi in rovina) è diventato per tutti l'illustre antenato del balletto, anche se con ogni probabilità lì nessuno danzava.

La morale tiratela voi.

Io sono contenta di essere riuscita a giocare con la parola DESco, che nessuno voleva affrontare!

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DEStabilizzare

(Antonio Cioffi)

C’è una categoria di persone - poche, rispetto al resto - che in maniera creativa e spontanea è capace di muoversi nello spazio in modo solo apparentemente casuale, seguendo un preciso disegno scritto su una mappa virtuale. Coloro che ne fanno parte sono donne e uomini che prediligono il gesto, il movimento del corpo, a volte codificato, a volte no, per comunicare ed esprimere emozioni e concetti. Sono persone che lasciano parlare il proprio corpo prima della bocca (segno di saggezza..). Sanno che il linguaggio del corpo è lingua madre universale che non conosce confini, non necessita traduzioni, è accessibile a tutti. Tutti capiscono un corpo che parla, anche quando sta fermo.

Se lasciassimo parlare di più il nostro corpo e usassimo di meno la bocca, tutto sarebbe più semplice: i rapporti tra le persone sarebbero più franchi, i trattati sarebbero sostituiti da coreografie, i protocolli da moti ciclici, le convenzioni da danze rituali… Il corpo ha questo potere e in qualunque direzione il suo moto è rivolto, sa stare in equilibrio, in armonia con ciò che lo circonda, come un ecosistema perfetto e dinamico, in continua evoluzione.

Se ci riappropriassimo del gesto e dessimo retta al corpo - se soltanto fossimo capaci di ritrovare il silenzio che è dentro di noi per ascoltare ciò che il corpo ha da dirci - probabilmente inizieremmo a muoverci in modo così originale e personale che non avremmo più bisogno di tante parole per spiegare chi siamo e per dire che cosa pensiamo. Sulla faccia della terra ci sarebbero 7 miliardi di persone speciali (o normali, finalmente!) e basterebbe una danza per destabilizzare il mondo con una nuova bellezza.

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DEStra

(Antonio Cioffi)

Tenere la destra è una regola sacrosanta che si insegna anche ai bambini quando vanno in bicicletta, perché può salvare la vita. E sorpassare a sinistra è un’altra regola basilare del codice stradale. Ma noi italiani abbiamo una innata diffusa avversione per le regole, si sa. Abbiamo anche una strana concezione della destra e della sinistra, basta vedere come andiamo in autostrada. In autostrada molti non hanno capito che le tre corsie, quella di destra, di centro e di sinistra, non hanno nulla a che fare con il proprio credo politico. Eppure tutto lascia pensare il contrario: quelli che si ostinano a stare nella corsia di centro, malgrado tutto, quelli che “a destra mai”, per principio, e quelli che sorpassano rigorosamente a destra, a prescindere.

Poi ci sono quelli che passano da destra a sinistra e da sinistra a destra con la disinvoltura disarmante del ballerino. A proposito di danza, questa capacità così creativa di concepire il movimento nello spazio trasferendo il proprio peso da un punto ad un altro, è ciò che avviene nelle jam di contact improvisation.

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DEStino

(Antonio Cioffi)

Non ti ho cercata. Mi sei capitata davanti, un giorno di tantissimi anni fa. Te ne stavi lì in disparte, assorta da chissà quali pensieri, con quel tuo modo diverso di essere e di vestire, con quella tua consistenza gracile, quasi trasparente e con quella tua aria così poco comune, di ragazza d’altri tempi. Attratto da non so quale forza, incuriosito, benché intimorito, ti venni accanto e non so cosa blaterai, qualcosa di incomprensibile, probabilmente un plié… Tu rispondesti con un grand plié e non dovesti aggiunger altro perché io fossi rapito da quella tua risposta. Socchiusi gli occhi e mi lasciai guidare dalla melodia del tuo canto. Le mie braccia avvolsero i tuoi fianchi e partimmo, iniziammo il nostro lunghissimo pas de deux.

Un turbinio di portés e manèges si alternavano alle cabrioles e alle pirouettes, io a sostenerti, vigile e preciso, tu a volare, leggera come un velo. Le tue braccia erano ali al vento, come quelle di un cigno: bastava un port de bras per farti alzare in volo. La tua schiena era un arco che si tendeva in arabesque per poi balzare in avanti con un grand jété. Eri la mia regina. Le tue gambe, lunghissime, avevano la grazia e la perfezione di quelle dei fenicotteri. Io, invece, che avevo sempre avuto il portamento goffo e dondolante di uno scimpanzé, al tuo fianco diventavo un principe sul suo destriero.

Il nostro tempo era scandito dal ritmo di mille musiche e non si contavano i croisés, i déboulés, i ronds de jambe en l’air, gli chainés, gli assemblés, le sissonnes… La nostra coreografia si arricchiva sempre di più col passare degli anni. Non che non ci fossero ogni tanto dei soubresauts o dei penchés, ma vinceva sempre il buonsenso e il desiderio di andare en avant.

Fu così che arrivò una principessina che già a gattoni aveva l’agilità di un felino. I suoi primi passi furono dei pas de chat e la sua prima parola fu tutu. Senza alcuna esitazione seguì Tersicore. Poi arrivarono altri due principini, il primo si lasciò sedurre da Euterpe, mentre il secondo è ancora lì che cerca la sua musa. Dovemmo quindi trasferirci su un palcoscenico più grande, un grand-théâtre, per starci tutti insieme.

Ma un giorno, per una révérence di troppo che feci ad un’altra musa, ti infuriasti e dalla tua bocca uscirono parole taglienti, mai udite prima: chassé, piqué, échappé, brisé. Mi colpisti en-dedans e en-dehors con il cou de pied, poi mi lanciasti un fouetté, un battement tendu e per finire un fondu. Mi ritrovai allongé senza respiro, barre à terre!

Faceva male, ma probabilmente faceva male anche a te. La mia era stata davvero una brutta glissade e ti chiesi scusa con un cambré, promettendo un changement de pieds. Tu prima facesti un épaulement, poi con un sorriso mi perdonasti. Il brutto era ormai passé.

Non ti ho cercata. Mi sei capitata davanti, un giorno di tantissimi anni fa, e senza volerlo, mi sono innamorato di te. E’ successo così, senza che potessi farci nulla. Eri nel mio destino, questo è chiaro, e ancor oggi tu sei qui con me e brilli come una étoile.

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DESiderare

(Antonio Cioffi)

Il tuo corpo è loquace

se la tua bocca tace

questo è ciò che chiamo pace

Il tuo corpo or è fermo

e quel riso solo scherno

ecco ciò che chiamo inferno

Non c’è proprio via di mezzo

o taci o fai il vezzo

questo è ciò che più disprezzo

Fatti ancor desiderare

sia il corpo a cantare

sian le mani a danzare

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